Una storia di me bambina, di compiti per le vacanze e di un papà preciso e molto presente
Festeggiare il papà il 19 marzo, giorno di san Giuseppe, è un’usanza che purtroppo ho perso da diverso tempo.
Quando andavo alla scuola materna e poi alle elementari ogni mese c’era una ricorrenza diversa: lavoretti diversi, poesie e addobbi e canzoni per ogni avvenimento dell’anno. L’arrivo dell’autunno, l’arrivo della primavera, Natale, Pasqua, festa della Mamma e festa del papà erano soltanto quelli più importanti, per non parlare di feste come Carnevale e il recente Halloween. Se mi sforzo ricordo ancora qualche pezzetto di poesia o qualche canzoncina allegra che, fieramente, recitavo davanti a tutta la famiglia riunita, o al diretto interessato.
La ricompensa per le poesie recitate
La ricompensa (soprattutto a Natale e a Pasqua) erano 1.000 o 5.000 lire – se insistevo – riscosse come la questua in chiesa dalle mani di nonni e genitori.
Ricordo che per la festa del papà ho realizzato una considerevole quantità di oggetti e letterine che mio padre ha conservato gelosamente negli anni: un fermacarte a forma di coccinella realizzato con una molletta, diverse forme di letterine con il cartoncino, che riportavano quasi sempre una camicia e una cravatta sul frontespizio (look che non personificava mio padre: lui camicia e cravatta le indossava solo per gli avvenimenti importanti.), oggettini vari che non ricordo se confezionava la maestra per far bella figura o direttamente io.
Ho perso l’abitudine di regalare qualcosa a papà a San Giuseppe
Crescendo ed entrando finalmente nelle scuole da grandi, ho un po’ perso l’abitudine di regalare qualcosa a mio padre nel giorno della festa del papà. Pensavo di essere divenuta ormai troppo grande per una festa che piaceva molto ai bambini, così da allora è rimasto solo l’uso di fargli gli auguri.
I papà fanno cose straordinarie e si meriterebbero di essere sempre festeggiati con un pensiero allegro non solo quel giorno, ma se non sai come festeggiarli, dai un’occhiata a questa guida di Fotoregali.com .
I miei ricordi con papà lontanissimi nel tempo
I ricordi con papà sono davvero tanti: sono la prima figlia e fino a 6 anni sono stata solo io con i miei genitori. Io e papà abbiamo fatto tantissime cose insieme: addobbare l’albero di Natale giocando con le luci sotto la maglia, tinteggiato di rosa la mia cameretta, andato a comprare in totale 15 pesciolini rossi che venivano rimpiazzati di notte. Anche giocare al PC insieme mi piaceva: io seduta di fianco (ho sempre avuto molta paura dei giochi di avventura!) e lui a giocare armato di schermo e tastiera…altro che console di giochi!
Mi è sempre piaciuto disegnare e papà apriva per me il suo tecnigrafo per permettermi una più ampia superficie per realizzare e colorare indisturbata i miei disegni. Come mi è sempre piaciuto farmi riprendere e riguardarmi in TV mentre inventavo storie e telegiornali dalle notizie di disastri aerei dove morivano tutti, notizie che però davo con il sorriso stampato sulla faccia perché si sa, la telecamera ha sempre fatto un po’ ridere a chi si trovava davanti.
Potrei riempire pagine e pagine del blog con i ricordi con papà ma vi racconterò un ricordo in particolare, balzatomi alla mente proprio pochi giorni fa. E’ un ricordo ben preciso anche se molto lontano.
Era un giorno d’estate, ed ero andata con papà al suo studio tecnico
Si trovava al quarto piano di un palazzo, e c’erano tantissime scartoffie, penne, matite, tecnigrafi e faldoni con migliaia di fogli. Avrò avuto massimo 9 anni e avevo portato con me il libro delle vacanze, appena comprato, tutto viola con le pagine che profumavano carta. Non vedevo l’ora di iniziarlo, per poi abbandonarlo dopo pochi giorni come solo i bambini sanno fare…anche quelli abbastanza studiosi come ero io.
Papà sei troppo preciso!
Lui mi disse di mettermi in una delle stanze con il balcone e di sistemare sulla scrivania le mie penne e quaderni. Lui sarebbe stato in un’altra stanza a finire un progetto. Non sapeva che avevo già adocchiato le sue penne che sarebbero finite nel mio astuccio! La cosa interessante è che mentre io sfogliavo il nuovo libro, lui mi stava dividendo per tutta l’estate le pagine da fare con la data. Avrei dovuto fare 3 pagine al giorno per finirlo prima del mare, e mi sarei potuta prendere anche dei giorni senza studiare.
Una precisione tipica di mio padre, ma io non mi spiegavo perché avrei dovuto fare 3 pagine al giorno quando potevo saltare da una pagina all’altra e fare quelle che volevo? Ovviamente mi piaceva partire da quelle da colorare e da quelle di Italiano…mentre la Matematica la volevo saltare a pié pari. Invece papà ha sempre insistito sul farmi fare gli esercizi di matematica ma, poverino, non è mai riuscito nel suo intento.
Ahimè, ho sempre saltato le pagine di matematica
E così ho sempre fatto: ho sempre saltato le pagine di matematica per andare a quelle di italiano. L’ho fatto per anni, anche quando mi sono iscritta al Liceo Scientifico sperando di ricevere un’ istruzione più completa in tutte le materie.
La matematica non sarà mai il mio mestiere e infatti sto per laurearmi in Filologia Moderna, probabilmente diventerò un’insegnante di italiano e storia. E ricorderò sempre tutti i tentativi di mio padre di farmi studiare la matematica e la mia insistenza a procedere per la via umanistica. Grazie papà per averci provato per tantissimi anni! Questo ricordo lontanissimo è per te.