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Moschino |
IT: Tranquilli, non sto parlando delle temutissime rughette che spuntano alla fine dell’occhio, né di una scrittura straordinariamente poco leggibile, ma di un altro tessuto, che, “camuffato” dall’uso del francese nel nome, è noto con il nome di “pied de poule“. Non conoscendo il francese, se non quei pochissimi rudimenti che mi hanno salvato dai lunghi corridoi del Louvre (Sortie ed Entrée), oltre a bonjour, bonsoir, merci e bon nuit (è bene imparare ad essere educati in tutte le lingue), ogni termine franco utilizzato dalla moda mi risulta mascherato. Anzi, pied de poule è così melodico da pronunciare che quasi non mi sono resa conto che vuol dire “piede di pollo” ovvero “zampe di gallina”, che di poetico ha ben poco!
La trama del tessuto che ricorda la zampetta del volatile si forma con 8 fili intrecciati, quasi sempre 4 bianchi e 4 neri, di lana cardata. Le sue radici affondano di nuovo nella Scozia del XIX secolo, dove ritroviamo precedentemente anche il tessuto tartan (di cui vi ho già parlato qui); gli scozzesi si sono rivelati così fantasiosi nelle loro trame e colori che nessun popolo europeo a loro contemporaneo è stato al pari. Ma a differenza del tartan che era usato dalle casate nobili, il pied de poule in lana scozzese era usato per i mantelli dei pastori.
A donare il nome francese fu Dior un secolo dopo, quando lo ripropose per le passerelle e ne “vestì” la confezione della sua prima fragranza negli anni ’40, Miss Dior.
Suoi parenti più prossimi sono il tessuto principe di Galles, dalla trama più sottile e minuta, che prende il nome dal principe Edoardo VIII, poi duca di Windsor, e l’ occhio di pernice, dalla puntinatura ancora più piccola, chiara su sfondo scuro.
Pare che anche Lapo Elkann l’adori, tanto che qualche mese fa ha rimesso a nuovo la scocca della sua Fiat 500…
Visto su cappotti, pantaloni, e soprattutto giacche, il pied de poule è una trama ipnotica: cattura facilmente l’occhio grazie al contrasto bianco/nero, e il suo caratteristico intreccio a forma di stellina – potremmo dire – “pixelata” rende memorabile e protagonista qualsiasi capo d’abbigliamento.
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ENG: Houndtooth: Relax, I’m not talking about dogs but of a different cloth, that “disguised ” by the use of French in the name, is known as “pied de poule”. I’m don’t know French, but very few basics that saved me from long Louvre’s corridors (as Sortie and Entrée) , and as bonjour, bonsoir, merci and bon nuit (it is good to learn to be educated in all languages), each french term used by fashion is for me masked. “Pied de poule” is so melodic to pronounce that I hardly realized that it means “houndstooth” or “dogstooth” which has little poetic!
This fabric texture is formed with 8 stranded, 4 whites and 4 blacks, made by carded wool. Its grassroots are in nineteenth century Scotland, where previously we find also the tartan fabric (of which I have already talked about here), the Scots were so imaginative in their textures and colors that no European people in their contemporary was in the same way. If tartan was used by nobles, pied de poule plaid wool was used for shepherds cloaks. To give the French name was Dior, when in the 40s revisited catwalks and ” dressed ” the packaging of his first fragrance , Miss Dior parfum.
Its similars are Prince of Wales fabric, with more subtle and petite pattern, which takes its name from Prince Edward VIII, Duke of Windsor, and bird’s eye, with dots even more petite, light on dark background.
It seems that even Lapo Elkann liked so much pied de poule that few months ago put it forward on Fiat 500 body…
Seen on coats, pants, and especially jackets, pied de poule is an hypnotic pattern: it catches the eye thanks to black/white contrast, and its design as pixelated makes it memorable protagonist any garment.
Lapo Elkann and its Fiat 500 |
ZARA Coat |
Illustration by Gioia Corazza for Grazia.it |
Occhio di pernice |
Miss Dior, 1947 packaging |
House of Holland |
Edwin Henry Landseer, A Highland Shepherd |
I bijoux di Simonetta |
Ferré, tessuto principe di Galles |
Marni |
Photo credits: Elle.it, Repubblica.it, Grazia.it.