In occasione dell’uscita italiana del film “Il grande Gatsby” (la mia opinione qui) tratto dall’omonimo libro di Francis Scott Fitzgerald, ho deciso di dedicare un post alla moda degli anni Venti, secondo me gli anni più eleganti di tutto il Novecento.
Sono appassionata al brillante modo di scrivere di Fitzgerald che sa, a mio avviso
descrivere una realtà dissacrante; poche righe ed ecco delineato quel gesto, quello stato d’animo, quella caratteristica che molti altri autori descriverebbero in troppe battute. La sua amara ma molto realistica visione di quel vivere che da un lato è colorato e vivace come una vetrata Stile Liberty mentre dall’altro è disgustato e deluso dalla vita, si può leggere in tutti i suoi romanzi. La vita è da lui vista come una bella festa fatta di musica, champagne, gente che si diverte e luccichii che però irrimediabilmente finisce, lasciando la sala sfatta, triste e buia. La gente la abbandona quasi sempre ubriaca e stanca dell’aver troppo ballato, e di quel clamore concitato delle poche ore precedenti non è rimasto che un piacevole ricordo.
E a volte nemmeno quello.
Fine dei giochi. Fine di tutto.
Qualche anno fa ho fatto un’esperienza davvero singolare: ho partecipato ad una bellissima festa di Carnevale presso il Micca Club di Roma (sito qui), il cui tema erano I ruggenti anni venti, quindi il dress code richiesto doveva essere studiato nei minimi dettagli.
Le feste al Micca sono famose per il loro particolare gusto retrò e il rievocare quei frenetici Anni Venti da parte del locale sancì la dipendenza mia e delle mie coinquiline a quel tipo di serate.
A Carnevale si lasciano i propri panni per vestire quelli di qualche personaggio di fantasia, di un qualche supereroe o l’intramontabile principessa, ma non fu quello il nostro caso: in quella occasione sapevamo che non avremmo abbandonato i nostri panni, avremmo fatto di più: viaggiato indietro nel tempo.
Mi ricordo il fervore nei preparativi già qualche settimana prima, appena io e le mie coinquiline ne scoprimmo il tema. Iniziammo a vedere film caratteristici dei Roarings Twenties: “L’angelo azzurro” con Marlene Dietrich nei panni di Lola Lola, film che consacrò la carriera dell’ammaliante diva tedesca, e “Cabaret” con Liza Minnelli, che, sebbene girato a fine anni Sessanta, porta sulla scena amori e problemi intorno al trasgressivo locale di cabaret Kit-Kat.
Così ognuna di noi fece una piccola ricerca sia sugli abiti e acconciature che sui modi di vivere: ne venne fuori che gli abiti da donna erano impreziositi da frange, paillettes e perline, lasciavano le spalle e le braccia scoperte e cadevano sul corpo molto morbidi e sensuali, a dimostrare lo spirito caratteristico dei Ruggenti anni Venti: quello di rottura con una tradizione troppo rigida perpetuata negli usi e nei costumi della Belle Epoque.
Le donne si sbarazzano quindi degli stretti bustini con le stecche di balena e le gonne rigonfie per indossare quei vestiti molto più stilizzati e semplici, che allungavano la figura e le facevano sentire più libere di muoversi a ritmo del – neonato – Jazz, del Foxtrot e del Charleston.
Acquistarono così gli appellativi di “flapper girls”, “maschiette”, “garçonnes“ proprio per questo loro modo di sovvertire il solito ruolo che la donna aveva avuto nei precedenti secoli.
I capelli venivano portati a caschetto o arricciati in piccole onde sul davanti del viso mentre ai piedi quelle bellissime donne indossavano delle nuove, vezzose decolletes con cinturino, punta rotonda e tacco alto le famose Mary Jane, sorprendentemente comode per ballare!
Mary Jane di Prada |
Pochi mesi prima, ancora ignara della mia partecipazione a quella festa di lustrini e bagliori, avevo comprato un bellissimo abito che arrivava al ginocchio, a vita bassa, con una cintura di sottile tessuto e poche cuciture, che lasciavano il vestito tutta la libertà di essere fluente.
Per quella occasione fu l’abito adatto alla mia “impresa” di rievocazione dell’epoca degli années
folles. Acconciai i capelli in uno chignon morbido e creai delle piccole onde con le ciocche anteriori. Un filo di trucco nero sugli occhi e rossetto rosso e mi sembrò di entrare già nella parte.
L’elegante ma grintosa garçonne non rinunciava ai gioielli: per questo scelsi di indossare dei luminosissimi orecchini pendenti, una collana lunga di perle bianche e una spilla, che utilizzai come fermaglio, tutti bijoux provenienti dal portagioie-delle-meraviglie di mia madre.
Tocco particolarmente vezzoso fu la sciarpa di coda di volpe, che indossai al posto del boa di piume di struzzo. Purtroppo insieme con mia madre prendemmo la saggia decisione di non indossarla anche al locale: sarebbe stato un accessorio molto caldo… e troppo costoso!
Al suo posto comprai in merceria diversi metri di passamaneria di piume, quella che si cuce sotto ai vestiti delle ballerine di liscio per intenderci, e l’effetto fu proprio carino, e soprattutto più “fresco” rispetto alla calda pelliccia di volpe.
Facendo alcune ricerche ho scoperto che i favolosi costumi utilizzati comprendono alcuni capi creati dalla costumista Catherine Martin, moglie del regista Baz Luhrmann e ben 40 provenienti dal prezioso archivio della maison Prada/Miu Miu. Una garanzia di stile e gusto!
Durante la settimana appena passata c’è stata un’ esposizione a Roma presso la Galleria Alberto Sordi degli abiti e degli oggetti di scena; peccato non aver potuto fare un giro tra quelle meraviglie! (vedi qui)
Dopo aver indossato quell’abito e quegli accessori, aver festeggiato una festa in un luogo dove il XX secolo sembrava appena iniziato, è sopraggiunta un po’ di malinconia verso quegli anni che non ho conosciuto…
Può la nostra anima rimanere attaccata al passato, se questo si rivela più ricco di gioia di vivere?
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ciao!!